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Coppie di fatto e matrimoni gay, l’Italia è fra le ultime.

Ultimo Aggiornamento: 18/08/2010 18:10
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Sesso: Femminile
14/08/2010 03:49
 
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di Stefano Faraoni [9 ago 2010]

Il Presidente dell’arcigay, Paolo Patanè, così osserva: “Siamo, insieme alla Grecia, l’unica nazione a non riconoscere diritti alle coppie dello stesso sesso e rappresentiamo un’eccezione in Europa e tra i Paesi avanzati.
La discriminazione che impedisce alle coppie omosessuali di accedere all’istituto del matrimonio è tanto inaccettabile quanto assurda per uno Stato di diritto che ha tra i suoi valori fondanti l’uguaglianza e la libertà dei suoi cittadini.”

E infatti, sebbene recentemente anche la Corte Costituzionale si sia pronunciata impegnando il Parlamento ad affrontare il problema dei diritti per tutte le coppie – anche quelle di fatto e le gay – nel nostro Paese non è successo nulla.
Le resistenze confessionali e la sottovalutazione del problema incidono ancora profondamente sui ritardi del legislatore in materie che, inopinatamente, sono state discusse in altri Paesi apparentemente meno “avanzati” del nostro, con produzione relativa di leggi a tutela di realtà di coppia ormai diffuse.
Da noi si preferisce nascondere ancora la testa sotto la sabbia come gli struzzi, e far finta che la questione non esista; minimizzando la problematica, di natura squisitamente sociale, ed anteponendo alla materia ben altre priorità.
Senza sapere che anche questo, come molti altri, è semplicemente l’indicatore del livello di civiltà di una nazione.

D’altro canto quest’atteggiamento è perfettamente in linea con quello conseguente al clamore del caso drammatico di Eluana Englaro: tanto strepito, tanto rumore per nulla.
Una solenne promessa, da parte di tante forze politiche, che la questione del fine vita non poteva non essere affrontata dal legislatore, per poi prendere mestamente atto che, dibattiti e discussioni infinite a parte, in Italia una legge ancora non c’è.

Cui prodest? Ma alla Chiesa, innanzi tutto, che nelle situazioni di “stallo” sguazza, preferendo mantenere uno status quo che alla fin fine le fa gioco, sancendo la propria preminenza “etica” rispetto alla normale evoluzione civica, civile e sociale di una nazione.
Si va avanti col freno a mano, insomma, attendendo sempre e comunque, su queste ed altre questioni, un placet che da parte del Vaticano non arriva mai. Perché ovviamente contrario.
Se la Chiesa, istituzione pervasiva ed invasiva nel nostro Paese, si mostra fondamentalmente omofobica, il Parlamento avrà grandi difficoltà a discutere i matrimoni gay o anche solo la questione dei diritti delle coppie di fatto, che, nella mentalità confessionale, minano, tentano di scardinare il sacro istituto della famiglia.
Se la dottrina della Chiesa sancisce che la vita è un dono di dio e solo da lui ci può essere tolta (un dono con riserva di restituzione), il Parlamento ha e avrà sempre grandi difficoltà ad ammettere che il sacrosanto, universale, imprescindibile, diritto all’autodeterminazione sul proprio corpo e sulla propria vita, viene in primo piano rispetto ad ogni altra velleità di carattere cultural-religioso.

Da: CronacheLaiche.it
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Siamo alle solite... Che fatica la civilizzazione! [SM=g2302881]

Titti. [SM=g2242142]
[Modificato da Titti-79 14/08/2010 03:49]



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